Brevi considerazioni sul regime di rimborso delle spese sanitarie intramoenia

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Rimborso delle spese sanitarie intramoenia

Rimborso delle spese sanitarie intramoenia

SOMMARIO 
1. Il paziente ha diritto di conoscere i tempi della prestazione: il decreto legislativo 29 aprile 1998 n.124. 2. Cosa succede se l’attesa del paziente si protrae oltre i termini fissati. 3. Le normative regionali: cenni. 4. Cosa deve intendersi per “centri o case di cura private con convenzionati”. 5. Chi è il giudice che deve conoscere della questione del denegato rimborso. 6. E’ necessario il previo esperimento della procedura di negoziazione assistita? 7. Conclusioni.

1. Il paziente ha diritto di conoscere i tempi della prestazione: il decreto legislativo 29 aprile 1998 n.124

Il decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, all’articolo 3 intitolato “modalità di partecipazione al costo delle prestazioni” prevede al comma 10 (tuttora vigente, essendo stata sospesa progressivamente l’efficacia dei commi precedenti) che “entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni disciplinano i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere determinano, entro trenta giorni dall’efficacia della disciplina regionale, il tempo massimo che può intercorrere tra la data della richiesta delle prestazioni di cui ai commi 3 e 4 e l’erogazione della stessa. Di tale termine è data comunicazione all’assistito al momento della presentazione della domanda della prestazione, nonché idonea pubblicità a cura delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere.
In caso di mancata definizione da parte delle regioni dei criteri e delle modalità di cui al comma 10, il Ministro della sanità vi provvede, previa diffida, tenendo conto dell’interesse degli utenti, della realtà organizzativa delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere della regione, della media dei tempi fissati dalle regioni adempienti. I direttori generali provvedono a determinare il tempo massimo di cui al comma 10 entro trenta giorni dall’efficacia del provvedimento ministeriale. Le determinazioni del Ministro cessano di avere effetto al momento dell’esercizio dei poteri regionali di cui al comma 10.
Le regioni disciplinano, anche mediante l’adozione di appositi programmi, il rispetto della tempestività dell’erogazione delle predette prestazioni, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) assicurare all’assistito la effettiva possibilità di vedersi garantita l’erogazione delle prestazioni nell’ambito delle strutture pubbliche attraverso interventi di razionalizzazione della domanda, nonché interventi tesi ad aumentare i tempi di effettivo utilizzo delle apparecchiature e delle strutture, ad incrementare la capacità di offerta delle aziende eventualmente attraverso il ricorso all’attività libero-professionale intramuraria, ovvero a forme di remunerazione legate al risultato, anche ad integrazione di quanto già previsto dai vigenti accordi nazionali di lavoro, nonché a garantire l’effettiva corresponsabilizzazione di sanitari dipendenti e convenzionati;
b) prevedere, anche sulla scorta dei risultati dell’attività di vigilanza e controllo di cui all’articolo 32, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, idonee misure da adottarsi nei confronti del direttore generale dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera in caso di reiterato mancato rispetto dei termini individuati per l’erogazione delle prestazioni ai sensi del comma 10;
c) imputare gli eventuali maggiori oneri derivanti dal ricorso all’erogazione delle prestazioni in regime di attività libero-professionale intramuraria alle risorse di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, con conseguente esclusione di ogni intervento finanziario a carico dello Stato;
d) prevedere correzioni al regime di partecipazione al costo come definito nei commi 3 e 4 secondo i criteri desumibili dal comma 13”.

2. Cosa succede se l’attesa del paziente si protrae oltre i termini fissati.

Il comma 13 stabilisce che “Fino all’entrata in vigore delle discipline regionali di cui al comma 12, qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e dell’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti. Nel caso l’assistito sia esente dalla predetta partecipazione l’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e l’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione corrispondono, in misura eguale, l’intero costo della prestazione. Agli eventuali maggiori oneri derivanti dal ricorso all’erogazione delle prestazioni in regime di attività libero-professionale intramuraria si fa fronte con le risorse di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, con conseguente esclusione di ogni intervento finanziario a carico dello Stato”.

Tale norma è stata recepita nella guida ai diritti del malato (consultabile al seguente link http://www.movimentoconsumatori.it/public/upload/pdf/1113840726_89543.pdf) in cui è precisato appunto che al momento della prenotazione si ha diritto di conoscere la data in cui la prestazione richiesta verrà effettuata e il tempo massimo di attesa per quella prestazione. Se non viene comunicata la data, e il servizio si riserva di comunicarla successivamente, significa che la lista d’attesa è bloccata e che la prestazione non può essere garantita entro i tempi massimi stabiliti.
A questo punto, il cittadino può pretendere che la medesima prestazione gli sia fornita privatamente senza costi aggiuntivi rispetto al ticket, potendo egli o presentare istanza per prestazione in regime intramoenia, ovvero presentare istanza per richiesta di rimborso di prestazione in regime privato.
Nel caso di istanza per prestazione intramoenia è previsto che il paziente comunichi alla struttura sanitaria che gli è stato prescritto un accertamento diagnostico o un intervento e che la struttura sanitaria gli abbia comunicato l’impossibilità di prenotare la prestazione richiesta prima di una certa data, data incompatibile con la prestazione richiesta che invece riveste carattere urgente. A questo punto il paziente può chiedere che la prestazione richiesta venga resa in regime di attività libero-professionale intramuraria con onere a carico del SSN ai sensi del D.Lgs. 124/98, art. 3, co. 13.

3. Le normative regionali. Cenni.

In genere, le normative regionali (cfr. L.R. 66 del 1977 e L.R. 20 del 1986 della Regione Sicilia; L.R. 27.12.1994, n.50 Regione Marche) prevedono il rimborso delle spese sostenute in strutture non convenzionate, mentre di norma può accadere che il paziente, a causa della indisponibilità di poter fruire della prestazione in regime di convenzionamento (o accreditamento) con il SSN, si veda costretto a dover ricorrere a prestazioni libero-professionali intramoenia. In tale ultima ipotesi, può accadere che il paziente si veda opporre un diniego al rimborso con la motivazione che trattasi di ricovero (o prestazione) intramoenia in struttura pubblica.

4. Cosa deve intendersi per “centri o case di cura private con convenzionati”.

Sul punto si evidenzia che in genere la giurisprudenza (cfr. Tar Marche sentenza n.1284 del 30 ottobre 2003) ha stabilito che “per centri non convenzionati e case di cura private non convenzionate o parzialmente convenzionate si devono intendere qualsiasi struttura presso cui il soggetto assistito sia tenuto al pagamento di somme di denaro per usufruire di prestazioni sanitarie ospedaliere di ricovero e cura e quindi anche allorché il ricovero abbia luogo presso reparti a pagamento di strutture convenzionate” e che “qualsiasi prestazione sanitaria di natura indiretta, purché sussistano particolari ragioni di urgenza, fa sorgere il diritto al rimborso delle spese sostenute”.
L’uso del verbo “tenuto” sta ad indicare che la scelta di far ricorso alla casa di cura privata non convenzionata (o al regime intramoenia presso una struttura pubblica) deve essere necessitata e non frutto di libera scelta.
Nello specifico, un paziente è stato ricoverato presso il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma Divisione Clinico chirurgica, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico; la degenza e l’intervento (comportanti assistenza e cure per circa quindici giorni) sono avvenuti in regime libero professionale intra moenia. Il paziente ha corrisposto all’Università Cattolica del Sacro Cuore – Facoltà di Medicina e Chirurgia A. Gemelli una determinata somma a titolo di onorari delle équipes chirurgica ed anestesiologica e di consulenze specialistiche chiedendone quindi il rimborso, previsto ai sensi della L.R. 27.12.1994, n.50, all’Azienda Unità Sanitaria Locale n.9 di Macerata. L’istanza veniva rigettata.
Secondo il TAR “nella dizione centri non convenzionati e case di cura private non convenzionate o parzialmente convenzionate deve essere ricompressa qualsiasi ipotesi in cui il soggetto sia tenuto al pagamento di somme di denaro per usufruire di prestazioni sanitarie ospedaliere di ricovero e cura e quindi allorché il ricovero abbia luogo presso reparti a pagamento di strutture convenzionate, ogni qualvolta, ai sensi dell’art.2, comma primo le strutture pubbliche o quelle convenzionate non siano in grado di erogarle in forma diretta con la tempestività che il caso richiede e/o allorquando il periodo di attesa comprometterebbe lo stato di salute dell’assistito”.
Pertanto, conclude il TAR “l’espressione centri non convenzionati (che ha corretto le strutture non convenzionate, di cui parlava la precedente L.R. 18.12.1979, n.42) sta a significare, propriamente, non un ente giuridico, ma un qualunque reparto o servizio ospedaliero che, ancorché inserito in una struttura pubblica ovvero privata convenzionata, eroghi un’attività di assistenza medica, alla cui spesa il SSN non provvede né direttamente (il che avviene quando la struttura è gestita direttamente dallo stesso S.S.N.) né attraverso il sistema del convenzionamento (il che avviene quando la struttura è gestita da altri soggetti, legati da convenzione con il S.S.N.), sicché è sull’utente che ricade, immediatamente, il costo dell’assistenza stessa e l’utente ha poi diritto a conseguire il rimborso da parte dell’USL (cd. assistenza sanitaria indiretta).

5. Sulla giurisdizione: chi è il giudice che deve conoscere della questione del denegato rimborso.

Sul punto sono intervenute diverse pronunce della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite in forza delle quali la giurisdizione spetta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo (Cassazione civile , SS.UU., sentenza 02.04.2002 n° 4647; Consiglio di Stato – sez. III – sentenza 15 aprile 2013 n. 2073; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, del 6.2.2009, n. 2867; Sezioni Unite 27 febbraio 2012, n. 2923).
Vi sono solo delle isolate sentenze di segno contrario (tra cui C.G.A.R.S. che con la sentenza 5 gennaio 2012, n. 31), le quali hanno ritenuto che, in tali casi, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in quanto le richieste di autorizzazione (preventiva) al ricovero o al rimborso (successivo) delle spese sostenute non integrano pretese di adempimento relativamente ad una obbligazione, ma pretese accoglibili solo a seguito di una valutazione dell’Amministrazione, dall’esito non scontato, nell’esercizio, dunque, di discrezionalità (ancorché tecnica e ancorché da esercitare con speciale scrupolo) e, proprio per questo, rimesse ad organismi di appropriata composizione, (come in Sicilia la Commissione sanitaria regionale per i ricoveri all’estero).
Tuttavia, come sopra detto, l’orientamento maggioritario e maggiormente consolidato è quello che radica la giurisdizione in capo all’autorità giudiziaria ordinaria, e segnatamente in capo al giudice del lavoro.
Tra l’altro, la (eventuale) erronea individuazione dell’autorità giudiziaria può essere sanata attraverso la translatio judicii, nel senso che ove l’autorità giudiziaria ordinaria dovesse dichiarare la giurisdizione in capo al giudice amministrativo, sarà possibile “riassumere” il giudizio innanzi l’autorità giudiziaria amministrativa.
A tal fine ed in tale eventuale prospettiva è consigliabile proporre eventuale azione innanzi l’Autorità giudiziaria ordinaria entro il termine di sessanta giorni dalla avvenuta conoscenza del provvedimento di rigetto dell’istanza di rimborso, e ciò al fine di non incorrere in decadenze nel successivo (eventuale) giudizio innanzi al TAR in caso di dichiarazione di difetto di giurisdizione.

6. E’ necessario il previo esperimento della procedura di negoziazione assistita?

Prima di proporre azione giudiziaria, per i rimborsi inferiori ad €. 50.000,00, è necessario, a parere di chi scrive, proporre istanza di negoziazione assistita.
Come è noto, la negoziazione assistita si applica alle azioni in materia di:
a) risarcimento del danno da circolazione dei veicoli e natanti;
b) pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non eccedenti cinquantamila euro.
c) In materia di trasporto o sub-trasporto (comma 249 della l. n. 190/2014 – legge di stabilità), norma peraltro in vigore già dal 1° gennaio 2015.
Sono invece escluse dalla negoziazione assistita le controversie in materia di:
1. diritti indisponibili
2. lavoro
3. obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori
4. procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione;
5. procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;
6. procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
7. procedimenti in camera di consiglio;
8. azione civile esercitata nel processo penale.
Dunque, la controversia in questione, pur dovendo essere demandata alla cognizione di un giudice del lavoro, non rientra in nessuna della cause di esclusione (non trattandosi propriamente di materia di lavoro, quanto piuttosto di previdenziale – assistenziale). Dunque, se l’importo di cui si richiede il rimborso è inferiore ad €. 50.000,00, è opportuno procedere con la istanza di negoziazione assistita.
Come sopra si è avuto modo di vedere, nonostante l’intervento, più volte, delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, ancora si leggono delle pronunce di segno contrario che dicono la materia essere demandata alla cognizione dei TAR.
Ed allora, sempre in un’ottica di prudenza, a fronte di tale “caos” interpretativo, sarebbe consigliabile, pur in pendenza dei termini di definizione della procedura di negoziazione assistita, incoare il giudizio innanzi l’autorità giudiziaria ordinaria, salvo eventualmente poi abbandonarlo (o addirittura non notificare il decreto di comparizione) in caso di raggiungimento di accordo con la controparte.
Difatti, la normativa prevede che quando il giudice “rileva che la negoziazione assistita e’ gia’ iniziata, ma non si e’ conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine per l’espletamento della negoziazione”.

7. Conclusioni

Ancora una volta il compendio normativo e giurisprudenziale è abbastanza complesso, variegato e non facilmente interpretabile chiaramente nemmeno da un addetto ai lavori.
In tale contesto il paziente può sentirsi disorientato ed avrà necessità di rivolgersi ad un legale e, ancora prima, sarà tentato dall’idea di abbandonare la richiesta di rimborso. Tra l’altro, nei provvedimenti di diniego l’Azienda Sanitaria non indica nemmeno l’Autorità alla quale il paziente può ricorrere per impugnare, se così si può dire, il provvedimento, né i termini per agire, e ciò in violazione della normativa sulla trasparenza.
Per attuale il diritto alla salute e, trasversalmente, il diritto di agire in giudizio, sarebbe il case di emanare poche norme e più chiare norme. Sarebbe il caso che una norma eliminasse il contrasto giurisprudenziale. Perché una vicenda giudiziaria basata su questioni di competenza o di giurisdizione, dove la decisione in un senso o nell’altro non dipende da un errore del legale, ma da una non chiara formulazione della norma che si presta a svariate interpretazioni, non fa bene alla salute di nessuno.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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