Assegnazione della casa coniugale e spese straordinarie del condominio

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Spetta al coniuge assegnatario dell’abitazione coniugale sopportare le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni le quali costituiscono l’oggetto di un’obbligazione “propter rem”. Ciò in quanto la qualità di debitore dipende dalla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa, e quindi nel caso di specie, dalla data di costituzione del diritto di abitazione.

Il diritto del coniuge assegnatario della casa coniugale è riconducibile al diritto reale di abitazione di cui all’art.1022 c.c., il che comporta che, nella ripartizione degli oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione, valgono i medesimi criteri stabiliti in materia di usufrutto.

Il momento in cui sorge tale obbligo è quello in cui è necessario eseguire le relative opere, mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa rende liquido il debito.

Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione seconda civile – con sentenza n. 9998 del 20 aprile 2017

Il caso 

Assegnazione della casa coniugale e spese straordinarie del condominio

Assegnazione della casa coniugale e spese straordinarie del condominio

In data 12.10.2000, il Presidente del Tribunale di Roma, nel pronunciare sentenza di separazione giudiziale, assegnava alla moglie, affidataria dei figli minori, la casa familiare, di proprietà esclusiva del marito.

Precedentemente, in data 25.2.2000, l’assemblea condominiale aveva deliberato l’esecuzione di importanti lavori sull’edificio, comprendente l’immobile assegnato alla ricorrente, per i quali il marito aveva pagato la somma complessiva di € 7.291,08.

Il decreto ingiuntivo per il rimborso delle spese.

Su istanza di quest’ultimo, il Tribunale di Roma, a seguito di ricorso in monitorio, ingiungeva alla moglie, in ragione del diritto di abitazione esercitato sull’immobile, la rifusione degli esborsi sostenuti dal marito.

Avverso tale provvedimento proponeva opposizione la moglie, deducendo la natura straordinaria dei lavori e l’applicabilità al caso concreto delle norme sulla locazione.

La sentenza di primo grado

Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione, sul rilievo che, essendole stato attribuito, in sede di separazione personale, il diritto di abitazione sulla casa familiare di esclusiva proprietà del marito, le incombessero le spese di custodia, manutenzione ed amministrazione del bene. Rilevava in proposito che il diritto della moglie era riconducibile al diritto reale di abitazione di cui all’art.1022 c.c., il che comportava che, nella ripartizione degli oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione valessero i medesimi criteri stabiliti in materia di usufrutto.

L’impugnazione della moglie veniva rigettata dalla Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 2058/2013 dell’11.4.2013.

La sentenza di appello

La Corte d’Appello evidenziava che l’appellante non aveva censurato né che le spese inerissero ad oneri di ordinaria manutenzione, né l’applicabilità al caso di specie dell’art. 1022 c.c., con applicazione delle norme sull’usufrutto.

Il motivo di appello, avente ad oggetto l’anteriorità della delibera condominiale e del contratto di appalto rispetto al diritto di abitazione accordatole in sede di separazione, si sostanziava in una “domanda nuova”.

In ogni caso – prosegue la Corte territoriale – posto che la moglie non aveva impugnato la sussunzione della fattispecie nell’ambito degli artt. 1022 e 1004 c.c., poco rilevava che i lavori fossero stati deliberati prima dell’inizio dì esercizio del suo diritto di abitazione, giacché ciò che importava era che della situazione avesse beneficiato quale titolare del diritto di abitazione.

Le considerazioni sull’esborso che avrebbe comportato un suo diritto alla ripetizione, a giudizio della Corte territoriale, erano anch’esse “nuove” e non pertinenti, tanto più che il suddetto diritto di ripetizione era negato in radice proprio dalla disposizione dell’art. 1004 c.c.

Il ricorso per cassazione

Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la donna, sulla base di un unico motivo, illustrato da memorie ex art. 378 cpc.

I motivi di ricorso

Con l’unico, articolato, motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 81, 100, 183 e 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.), per aver la Corte territoriale configurato come “domanda nuova” la questione concernente l’anteriorità della delibera condominiale (25.2.2000) e del contratto di appalto (13.5.2000) rispetto al diritto di abitazione accordatole in sede di separazione (12.10.2000), nonostante si trattasse di una delle condizioni dell’azione promossa dal marito.

Censura, inoltre, la qualificazione da parte della Corte d’Appello in termini di mera manutenzione ordinaria delle opere per cui è causa, non avendo il giudice considerato che l’obbligo di pagare i contributi per le spese riguardanti opere di ristrutturazione delle parti comuni dell’edificio grava su colui che era proprietario al momento dell’adozione delle delibera di approvazione delle spese stesse.

La Corte di Cassazione ritiene il motivo fondato.

Secondo gli Ermellini, invero, la questione relativa alla anteriorità della deliberazione delle opere (oltre che della loro esecuzione) rispetto al provvedimento di assegnazione della ex casa coniugale, in quanto involge la contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato, integra una mera difesa e non costituisce dunque eccezione in senso stretto, con la conseguenza che la parte, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, non era incorsa in alcuna decadenza processuale e la Corte avrebbe dovuto tenere conto dell’anteriorità della delibera assembleare – resa il 25 febbraio 2000 – rispetto all’assegnazione della casa coniugale, disposta con provvedimento del Presidente del Tribunale di Roma del successivo 12 ottobre dello stesso anno.

Da ciò discende – a parere dei giudici di legittimità – che grava sul marito l’obbligo di pagamento delle spese suddette e dunque l’infondatezza della domanda di rimborso da costui spiegata nei confronti della moglie.

Chi ha il diritto di abitazione deve sopportare le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni.

Secondo il consolidato indirizzo della Suprema Corte, poiché le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni costituiscono l’oggetto di un’obbligazione “propter rem”, la qualità di debitore dipende dalla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa, e quindi nel caso di specie dalla data di costituzione del diritto di abitazione(Cass23291/2006).

Quando sorge l’obbligo di pagamento.

I giudici di piazza Cavour precisano inoltre che “l’obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere (Cass,. 6323/2003), mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa rende liquido il debito.

Nella specie – rilevano gli Ermellini – l’anteriorità della delibera condominiale sulle spese oggetto di causa rispetto alla costituzione del diritto di abitazione in capo all’odierna ricorrente, come si è visto rilevabile d’ufficio, esclude dunque che la ricorrente medesima sia tenuta al pagamento delle stesse, dovendo disattendersi la contraria statuizione della Corte d’Appello, secondo cui ciò che rilevava era che di detti lavori quest’ultima abbia beneficiato.

Da qui l’accoglimento del ricorso con conseguente cassazione della sentenza impugnata ed accoglimento dell’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo emesso.

Una breve riflessione

Interessante sentenza quella in rassegna perché affronta un tema molto ricorrente nell’ambito dei rapporti tra coniugi in regime di separazione.

Interessante non solo perché ribadisce che l’assegnatario dell’abitazione deve sopportare le spese di conservazione e di godimento delle parti comuni dell’edificio in cui ricade l’immobile, ma anche perché chiarisce quale sia il momento che fa sorgere tale obbligo.

Addirittura, i giudici di piazza Cavour chiariscono che il momento di decorrenza non è nemmeno quello della delibera assembleare (che serve solo a rendere “liquida” l’obbligazione), ma quello in cui è necessario eseguire le relative opere.

Tale ultimo principio (in proposito viene richiamata Cass. 6323/2003) potrebbe tuttavia generare non poche incertezze su un terreno, già fertile alle conflittualità, quale è quello di coniugi in fase di separazione.

Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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